Siamo tutti dei cuccioli. Dei cuccioli di mostro. Si’, siamo degli esserini che urlano e sbavano, e si cacano addosso, e abbiamo bisogno di tutto. E siamo potenzialmente dei mostri. Sta a chi ci sta intorno, farci diventare degli uomini. Tenere a bada l’orrore che, potenzialmente, ognuno di noi ha dentro, in nuce, in potenza. Chi ci sta attorno deve essere bene attento a nutrirci, a sfamarci, a badare a tutti i nostri bisogni. Se chi ci sta intorno fallisce in questo compito, se qualche bisogno non viene soddisfatto, la larva che e’ il cucciolo non si trasformera’ in un uomo. Diventera’ una massa informe di arti e bisogni, una bocca avida di succhiare il sangue e l’anima altrui, un animale pazzo pieno di fiele e bruciante odio nelle vene. Un essere pericoloso, per gli altri e per se stesso. Un mostro.
Sono un mostro. Un qualcosa di informe, protoforme, con un’affettivita’ ambigua, mendace, sfuggente. Pronto a schiantarsi sotto il peso di paure ataviche, innominabili. Pieno di piccoli sordidi lerci segreti. Incapace di essere nel mondo, se non come un alieno, un essere pazzo che compie orribili sforzi per rimanere celato, per mostrare d’essere quel che non e’, un uomo, ossessivamente impegnato a nascondere i tentacoli, le appendici disgustose filanti di muco, le ributtanti abitudini, il fetore della mia anima.
E’ inquietante poi constatare che non abbiamo un vero e proprio controllo su questo stato di cose. Siamo definiti dall’incapacita’ o dalla malafede altrui. Non esiste volonta’ che possa imporci di separarci dalla nostra disgustosa natura di mostri. Perche’ proprio la nostra volonta’ e’ la cosa piu’ mostruosa di tutto. Essa e’ subdola e lasciva, debole e infantile, fragile e capricciosa, viziata e violenta, iraconda e narcisista. E’ il cuore viscido della larva, che produce le nostre schifose emozioni, che genera i segreti osceni. Informi come gelatine, pieni di pseudostrutture che si trasformano continuamente in qualcos’altro che non e’ niente, noi non facciamo che strillare e reclamare a gran voce quei bisogni che chi ci stava attorno non era stato in grado di soddisfare. Ora quei bisogni non possono essere piu’ soddisfatti, sono diventati esosi, o malvagi, sono diventati autocommiserazione, o oscena scellerata ambizione, sono diventati bizzari e imprevedibili, traditori, falsi, infami. Il cucciolo che eravamo, che poteva essere sfamato, accudito, rassicurato, e’ diventato un mostro che ha sempre fame, che odia e ha bisogno di essere accudito, qualcosa che non sara’ mai sazio o rassicurato, incapace di provare gratitudine perche’ impossibile da accontentare.
Da questo mostro bisogna quindi tenersi lontani. Qualsiasi cosa voi, mossi a compassione dalla sua disgustosa sofferenza, possiate dargli, ad egli non bastera’. Non giovera’, perche’ non gli serve. Vi fara’ partecipi della sua mostruosita’, senza che ci possiate fare nulla. Verrete contaminati anche voi. Invischiati nella sua pelle mollicia, nel muco del suo dolore autocommiserante, della sua straziante solitudine, del rimpianto di non essere un uomo.
Perche’ questo rimane. La cognizione di cosa e’ un uomo. E si puo’ constatare la propria diversita’ insanabile dall’uomo, e soffrirne, perche’ se qualcuno ci avesse accuditi noi non saremmo cosi’, non saremmo dei mostri. E questa sofferenza e’ forse l’unica cosa pulita che rimane a noi mostri, a me mostro. Ma e’ un gelido silenzioso deserto di ghiaccio, dove la mia vita va perduta come sangue nell’oceano. Morire dissanguati nel gelo, e’ triste e doloroso, ma e’ l’unica cosa che non sento irreparabilmente sudicia, deformata ,mostruosa.
Vivere da mostro, o morire da uomo.
Sembra uno stupido scherzo. Ma queste due prospettive,che si impongono senza lasciare alcuno spazio ad una terza (perche’ una terza prospettiva risulta poi sempre far parte di una delle due, non e’ che un teorema derivante dai due assiomi antitetici), queste prospettive mi procurano un dolore freddo, sordo, pulsante, risucchiano tutte le mie energie, mi obliterano.
Si potrebbe dire che anche i mostri hanno diritto di compassione. Ma questa, come gia’ detto, non gli servira’. Alimentera’ solo la loro mostruosa, protoforme anima gelatinosa, che finira’ per disgustarsi da sola ancora una volta.
No, a me, mostro, non lasciate altro che il silenzio, e il freddo, in cui posso almeno vedere il mio sangue di uomo, questo si’, sgorgare e lasciare per sempre il mio corpo mostruoso.
Di Giacomo Marrocco