Quando parliamo di adolescenti, parliamo di ragazzi la cui età va dai dieci ai diciannove anni. Fino a verso i quattordici anni si parla di pre-adolescenza, dopo di adolescenza vera e propria.
Negli ultimi anni c’è stata una tendenza a parlare di adolescenza prolungata in quanto atteggiamenti e comportamenti di tipo adolescenziale sono evidenti anche in persone che, dal punto di vista psicobiologico hanno già superato da parecchio la fase di crescita dell’adolescenza.

L’adolescenza è una fase cruciale perché è il momento in cui il ragazzo o la ragazza si daranno una struttura stabile che è poi quella che conserveranno nell’età adulta. Quanto più questa strutturazione sarà soddisfacente, tante più probabilità ci saranno che, completati i compiti di sviluppo dell’adolescenza, il giovane adulto si avvierà verso una vita piena.

Il principale compito che l’adolescente ha, in quanto tale ,è quello della propria individuazione, della definizione di chi lui/lei è.
Questo compito non è solo complesso ma è anche un compito di per sé doloroso perché per decidere chi è, deve differenziarsi e poi separarsi dalle figure genitoriali.
Il secondo compito di sviluppo è quello che Gustavo Pietropolli Charmet, docente di psicologia dinamica, definisce la mentalizzazione del corpo. L’autore citato differenzia pensare al proprio corpo dal pensare il corpo intendendo con questo l’acquisizione della capacità di pensare il corpo con le sue funzioni ed il loro significato “relazionale, sociale, sentimentale, erotico, generativo ed etico: e riuscire ad ipotizzare il suo sviluppo, la sua decadenza e la sua morte..”.
Il terzo compito riguarda la costruzione dei nuovi legami affettivi e sociali.
Sono compiti che impegnano l’adolescente su tutti i fronti della sua vita intrapsichica ed interpersonale, possono spaventare l’adulto che, pur vivendo accanto all’adolescente, spesso ha scarsa consapevolezza della complessità di questi compiti, a maggior ragione possono risultare pesanti e non facili da gestire per gli adolescenti stessi che vivono la necessità di svolgere questi stessi compiti.

Alcuni autori parlano di un periodo di disorganizzazione e di un seguente periodo di riorganizzazione dei dati. Il disordine non dipende da cambiamenti ambientali ma dal fatto che lo sviluppo psicologico permette una modificazione qualitativa dei propri atteggiamenti .
Nell’adolescente c’è una naturale presenza di un io diviso, da una parte un’immagine da portare all’esterno e da un’altra un sé reale costituito dai propri pensieri e sentimenti. La difficoltà ad essere se stessi per timore di non potere fare fronte ai compiti evolutivi di individuazione si ma anche di creazione di nuovi legami affettivi, fa in modo che l’adolescente conosca bene la sensazione della solitudine.

L’adesione a mode e movimenti ha proprio la funzione di garantire la possibilità di sentirsi meno soli, nel momento in cui ci si sta differenziando dalle figure genitoriali e sta cercando di costruire la propria identità.

Nel suo percorso verso l’individuazione del suo sé, l’adolescente non richiede più alla famiglia la presenza costante che aveva richiesto fino alla fanciullezza. La capacità di costruire propri pensieri rispetto a se stesso, agli altri ed al mondo in generale lo portano ad entrare in conflitto con le stesse figure che erano state la base sicura , realmente esistente o desiderata, degli anni precedenti.
Inoltre, per potere formulare le proprie ipotesi , l’adolescente ha bisogno di non avere eccessive interferenze, da qui la richiesta di riservatezza che fa al mondo degli adulti.
Va da sé che i figli che hanno percepito da parte dei genitori, negli anni dell’infanzia e della fanciullezza, la richiesta di prendersi cura dei loro bisogni di adulti, avranno particolari difficoltà a individuarsi e separarsi. Se poi il genitore non accetterà il cambiamento-crescita del figlio e continuerà nella sua richiesta, i sensi di colpa che il figlio proverà non faciliteranno i suoi compiti di sviluppo.
Chi invece ha vissuto esperienze di distacco precoce potrà dare alle proprie esperienze di autonomia una lettura di tipo depressivo sentendosi particolarmente solo; chi è stato iperprotetto farà fatica a fare le necessarie esperienze che gli permetteranno di individuarsi e di coltivare le indispensabili relazioni all’interno delle quali l’adolescente si sperimenta e cresce.
Sia il rapporto con il genitore dello stesso sesso che con quello dell’altro sesso sono importanti ed a seconda della qualità di queste relazioni, gli adolescenti costruiranno il futuro della loro vita di coppia con possibilità di maggiore o minore successo.
Attraverso l’interazione con i propri genitori si fanno ipotesi, per esempio, su come avere successo con l’altro sesso, su quanto si è amabili, su quanto sia opportuno legarsi senza rischiare di perdere l’indipendenza ed altre ancora. Farò due esempi, uno per genere.
L’uomo che ha uno stile affettivo da “don Giovanni lasciatore”, potrebbe avere avuto una madre dominante e iperprotettiva ed un padre periferico. Questo può portare un figlio maschio a temere che tutte le relazioni affettive con donne potrebbero avere queste caratteristiche per cui, pur desiderando l’intimità, farà fatica a costruire relazioni durature con l’altro sesso.
Una donna che ha vissuto in adolescenza la presenza di un padre tirannico e molto autoritario, può tendere a leggere i comportamenti maschili in una chiave di eccessiva aggressività e di pretesa di possessività che le impediranno di creare legami di fiducia con l’altro sesso.
Nella mia esperienza ho verificato anche che, a volte, si sceglie un partner che rispecchia il genitore che ci ha fatto soffrire, in un tentativo di pareggiare un conto che abbiamo lasciato sospeso nella famiglia di origine, oppure se ne sceglie uno completamente diverso per non ripetere le esperienze di frustrazione e fallimento già vissute con una figura genitoriale di sesso opposto.
Si tratta, comunque, di scelte fortemente condizionate dalle nostre esperienze precedenti e, particolarmente, da quello che abbiamo vissuto nel periodo adolescenziale, quando, proprio per le nuove caratteristiche psicobiologiche che l’adolescente ha, si entra in contatto con maggiore senso critico, rispetto all’infanzia, con le figure genitoriali.
Individuarsi e separarsi è un compito difficile per qualsiasi adolescente. Il fatto stesso che non si svolga in tempi rapidi ma che occupi l’arco di alcuni anni, significa che non c’è la possibilità di passare dal bianco al nero. Un giorno, anzi un momento, l’adolescente dirà che vuole bianco, il momento dopo richiederà drasticamente il nero. Questo richiede a chi vive accanto agli adolescenti, genitori ed educatori più in generale, pazienza, disponibilità autentica, costanza, non rigidità, capacità di essere flessibili e pronti ad accogliere i cambiamenti di umore, di atteggiamenti, di pensieri. Non sono un trucco degli adolescenti per creare scompiglio nella mente degli adulti, sono prove generali. Se non è possibile pensare al più semplice spettacolo teatrale senza prevedere estenuanti prove, non è pensabile che l’adolescente non abbia il bisogno ed il diritto di fare le sue prove generali prima di fare la sua entrata in scena, da pari, con gli adulti.
Ed ecco che, forse, se guardiamo in questo modo ai ragazzi che ci vivono accanto o con cui viviamo tutti i giorni nelle aule scolastiche, potremo leggere certe insostenibili prese di posizione di alcuni di loro come un mettere alla prova le proprie capacità critiche; potremo sorridere serenamente vedendo certi atteggiamenti da giovane donna di ragazzine appena uscite dalla fanciullezza se le leggeremo come un mettere alla prova la propria capacità di attrarre l’altro sesso e non come disponibilità reale a corrispondere a richieste di tipo sessuale; la difficoltà di qualche ragazzo o ragazza, particolarmente timidi, ad esprimersi in classe sarà forse meno insostenibile e avremo maggiori strumenti di decodificazione se li leggeremo come manifestazione della impossibilità a reggere il peso della vergogna per qualcosa che si potrebbe fare o dire.
Le esperienze che gli adulti fanno tutti i giorni rischiando, come è normale, di essere accolti, accettati o no, sono esperienze cruciali per gli adolescenti che, in quel preciso momento della loro vita, si stanno mettendo alla prova.

I rischi che gli adolescenti sembrano disposti a correre sono di altri tipi e sono proprio connessi con il senso del rischio. Da bambini avevano pensato di essere immortali, con l’adolescenza e con i repentini ed incredibili mutamenti del loro corpo, nel momento in cui si avvicinano ad essere adulti, imparano che anche il loro corpo potrebbe finire, morire. I rischi sono un modo per dimostrare a se stessi che di questo non hanno paura, oppure possono essere un modo per manifestare la rabbia; l’uso di sostanze può essere un modo per sentirsi parte di un gruppo oppure può essere una forma di automedicazione per le emozioni ed i sentimenti di tristezza, di sfiducia, di senso di inadeguatezza, ed altri ancora, che sembrano impossibili da sostenere; l’attenzione al propri corpo può essere il desiderio di piacere ma si può anche trasformare in ossessioni di tipo diverso che variano dalla compulsione ad essere seduttive a tutti i costi al rifiuto del cibo o all’assunzione di cibo senza nessuna capacità di controllo.
La difficoltà per noi adulti è proprio quella di riuscire ad essere attenti ascoltatori e lettori delle comunicazioni degli adolescenti senza essere allarmati al punto tale da non distinguere quanto appartenga alle nostre paure di adulti, ai nostri bisogni di adulti, alle nostre decisioni di adulti e quanto invece davvero appartiene alla comunicazione che l’adolescente ci sta lanciando.
Se è colpevole non stare accanto all’adolescente nel suo indispensabile percorso di crescita, riuscendo a dare vicinanza e, allo stesso tempo, garantendo rispetto per i tempi e per le scelte che l’adolescente ipotizza, allo stesso tempo può essere grave non riconoscere i segnali di disagio che ci può mandare.
La difficoltà è proprio quella di non farsi allarmare da atteggiamenti, comportamenti, modi di porsi con se stessi e con gli altri, che rappresentano segnali del percorso che l’adolescente sta facendo sulla strada verso la sua personale crescita e, allo stesso tempo, valutare se quegli atteggiamenti e comportamenti rischiano di diventare un modo di essere, l’unico modo di essere di quell’adolescente che, con ciò , dimostra di stare privilegiando la fissità, la rigidità, alla spinta evolutiva.
Se ci sembra che il sentimento di tristezza di un particolare adolescente permei tutta la sua vita , e non solo alcuni momenti, se ci sembra che il rifiuto della speranza non sia relativo ad un’area particolare della sua vita ma che influenzi le relazioni, con i pari e con gli adulti, la scuola e tutto il mondo, c’è da chiedersi se non è il caso di chiedere aiuto.
Se la rabbia è l’unica nota che un adolescente sa suonare, se i comportamenti che valutiamo come disfunzionali non sono occasionali ma regolano la vita di un adolescente, allora c’è da chiedersi se non è il caso di chiedere aiuto.
Se l’isolamento, inteso come rifiuto a stare con gli altri o sensazione di impossibilità a stare con i pari e con gli adulti stessi non è episodico ma è l’unico modo di fare passare il tempo che un adolescente ha trovato, c’è da chiedersi se non è il caso di chiedere aiuto.
Se il comportamento alimentare di un adolescente diventa un mezzo per comunicare con la famiglia e con gli altri più in generale, c’è da porsi in un atteggiamento che sia non solo di ascolto ma anche di disponibilità vera a chiedere aiuto.
Se quello che è, invece, costante è la nostra fatica di stare accanto ad un adolescente, oppure ai gruppi di adolescenti, allora dobbiamo chiederci se non siamo noi ad avere bisogno di sostegno.

Le risorse degli adolescenti

Eppure, nonostante la difficoltà dei compiti di sviluppo, la maggiore parte degli adolescenti arriverà all’età adulta con una definizione di chi lui/lei è, avrà mentalizzato il proprio corpo riconoscendone tutte le sue caratteristiche e tutte le sue funzioni, ed avrà costruito legami sociali ed affettivi nuovi rispetto a quelli dell’infanzia. I risultati di questo percorso saranno rispecchiati nell’equilibrio che avrà come adulto.
Questo equilibrio non sarà qualcosa di acquisito per sempre, eventi della vita potranno metterlo a dura prova, quello che risulterà superabile per una persona non lo sarà per un’altra a seconda di come le diverse persone avranno costruito il loro Sé, utilizzando i dati biologici di partenza insieme a quelli relazionali ed ambientali in cui avranno vissuto.
Che cosa, oggi, aiuta un adolescente a portare a compimento i compiti di sviluppo?
Credo che si possa parlare di due fonti di risorse, da una parte le risorse che chi è accanto agli adolescenti può dare, da un’altra le risorse interne degli adolescenti stessi.

Una famiglia attenta, solidale, vicina senza essere invasiva, è una grande risorsa. Genitori, il padre soprattutto, che riescano a fare sentire il figlio o la figlia adolescente riconosciuti nel loro valore, sono fondamentali perché quei figli possano fare proprio un sentimento di valore personale, di possibilità di fidarsi di sé, che sarà un importante motore per tutto il resto della vita. L’autostima si acquista attraverso le interazioni con quelle che Carl Rogers chiama le “figure criterio”. Se queste figure criterio non rimanderanno all’adolescente un’idea di sè come persona di valore, difficilmente e solo con molta più fatica, potrà imparare a darsi valore. Genitori, padri o madri che siano, che vivano l’adolescenza di un figlio o di una figlia, come capacità di spiccare il volo lontani dal nido e non come una perdita che lascia il nido vuoto, faciliteranno l’adolescente a perseguire i suoi compiti di sviluppo.

Una scuola che tenga conto della sua funzione educativa, nel senso più ampio del termine, è una fortuna che dovrebbe, istituzionalmente, essere davvero garantita a tutti gli adolescenti.
In una scuola così, c’è collaborazione intorno ai ragazzi che si prendono in carico, c’è collaborazione con le famiglie, c’è la chiara consapevolezza che si sta lavorando ad un progetto comune che è quello di facilitare, nel senso di rendere possibile e non necessariamente facile, il percorso che gli adolescenti , loro e nessun altro che loro, devono compiere.
In una scuola che ha queste finalità non solo dichiarate nel Piano della Offerta Formativa, ma che si chiede continuamente come raggiungere gli obiettivi trasversali, o aspecifici che dire si voglia, si utilizza il gruppo classe come occasione e non come vincolo disturbante che sembra impedire l’apprendimento delle competenze cognitive, di contenuto e, ultimo per ordine ma non per importanza, le competenze sociali. In una scuola di questo tipo, ci sono senz’altro degli adulti disposti ad essere utilizzati dagli studenti come adulti di riferimento.
L’adulto di riferimento è una figura importante nel percorso che dall’adolescenza porta all’età adulta.
E’, innanzitutto, un altro modello di adulto rispetto alle figure genitoriali e, proprio per questo, aiuta l’adolescente ad allargare il proprio orizzonte rispetto agli adulti; è una persona che può ascoltare, capire, senza rischiare l’eccessivo coinvolgimento dei genitori; con un adulto di questo tipo si può parlare senza rischiare di entrare in un “conflitto di interessi”, è una persona che può rispondere a domande che non si ritiene opportuno fare ai genitori.
Un adulto che intenda ricoprire un ruolo di questo tipo, se riuscirà a farlo per l’adolescente e non per soddisfare i suoi bisogni affettivi, potrà essere una grande risorsa. Un adulto di questo tipo, all’interno di una istituzione fondamentale come la scuola è nella vita degli adolescenti, potrà avere una funzione di potenziamento dell’autostima per quei ragazzi che hanno altre fonti di nutrimento e potrà essere ,invece, un’importante fonte sostitutiva di nutrimento per quelli, meno fortunati, che non ne hanno altre.
Quando parlo di autostima non penso solamente ai riconoscimenti positivi che si possono dare ai ragazzi all’interno dei percorsi scolastici, penso innanzitutto al riconoscimento fondamentale che arriva ad un adolescente dall’essere ascoltato da una persona adulta a cui lui si rivolge ed a cui, quindi, riconosce competenza. In una fase di dubbi , perplessità su chi lui/ lei è, un adulto che ascolta dà, di per sé, valore all’adolescente che parla. Se mi ascolti davvero, se sei disposto a stare con me vuol dire che quello che arriva da me a te ha valore: questa è la base del diritto di esistere e della autostima.

La possibilità di vivere in un territorio che promuova percorsi di cittadinanza attiva che partano davvero da un’analisi dei bisogni degli adolescenti a cui sono rivolti, è un’altra chance importante.
Un territorio di questo tipo è un luogo in cui si insegna agli adolescenti a rapportarsi alle istituzioni altre dalla scuola perché l’adolescente non sa molto di queste istituzioni, non sa che ci sono leggi che lo riguardano, che ci sono uffici di cui lui/lei sono gli utenti privilegiati.
In un territorio così si vanno a cercare gli adolescenti non solo nelle scuole, lì dove sono “naturalmente” aggregati, ma nei luoghi di ritrovo informale, lì dove i ragazzi si riuniscono secondo criteri di scelta che sono i loro e non quelli degli adulti.
Ed ecco che gli operatori di strada, generalmente giovani adulti, possono proporsi come un altro genere di adulto di riferimento che può essere di aiuto per avvicinarsi al mondo delle istituzioni e non solo.
In un territorio di questo tipo si creano occasioni di counselling per gli adolescenti, luoghi deputati ad accogliere le richieste forse più complesse di qualche adolescente che fatica a trovare la sua strada, che ha magari solo paura di non farcela e che cerca un adulto, a cui riconosce una particolare competenza, per sentirsi rassicurato nel proprio valore e nella conseguente capacità di andare avanti perché avere valore non significa non avere problemi, significa avere fiducia nelle proprie capacità di affrontarli.

Ognuno di noi può costituire, a seconda del ruolo che ricopre, una risorsa per gli adolescenti che incontra. E’, quindi, possibile stare accanto agli adolescenti che svolgono i loro compiti di sviluppo non sottovalutando quello che accade dentro di loro ma, anzi, riconoscendone l’importanza, l’impossibilità di eludere il percorso di crescita.Tutto questo, però, non sarebbe sufficiente se non potessimo contare sugli adolescenti stessi.
Nessun adulto può essere di riferimento se l’adolescente non gli riconosce competenza e, quindi , il potere decisionale è dell’adolescente.
Il nostro compito è di essere pronti ad accogliere le domande dei ragazzi , è di essere credibili perché nella loro mente ci sia lo spazio per noi ma la motivazione a rivolgersi ad un adulto o, più semplicemente , ad accettare la relazione con adulti, non può che essere dell’adolescente stesso.
Che cosa porta un ragazzo o una ragazza a portare a compimento i difficili compiti di sviluppo dell’adolescenza?
Innanzitutto, la spinta evolutiva.
Il corpo dell’adolescente cambia, la mente dell’adolescente cambia, le esigenze dell’adolescente cambiano, è qualcosa che preme per avere risposte e l’adolescente, ognuno con il suo stile personale , cerca di trovare soddisfacimento a queste richieste pressanti che arrivano da dentro e che sono non consapevoli, non facili da leggere ma che, tuttavia, non si possono ignorare.
C’è il desiderio di sapere, c’è la voglia di sapere quello che gli adulti non hanno mai raccontato e c’è il desiderio di avere conoscenze diverse da quelle degli adulti.
Chi non ha mai notato la soddisfazione di un adolescente davanti all’ignoranza di un adulto in campo musicale o rispetto ad altre aree in cui l’adolescente ama sentirsi più competente?
C’è la spinta verso nuove forme di vita sociale, diventano diverse le forme e i luoghi di aggregazione.
Questo è il periodo in cui entra in campo l’amico o l’amica del cuore, la persona con cui si condivide tutto, che si desidera fare partecipe di tutto . E’ una persona con cui confrontarsi, con cui condividere dubbi e rabbie, è la persona con cui ci si può lamentare dei propri genitori senza sentirsi troppo dilaniati dal senso di colpa. L’amico del cuore garantisce ascolto e segretezza a chi, per separarsi, ha bisogno di vedere quello che non va nelle figure genitoriali che una volta erano viste come onnipotenti.
Se l’adulto rischia di sorridere davanti alle preoccupazioni estetiche dei ragazzini, l’amico del cuore le condivide pienamente, è un giudice serio ed attendibile.
L’amico del cuore è la persona con cui ci si può sperimentare e fare discorsi da grandi, sulla vita, sulla morte, sui progetti per il futuro senza sentirsi mettere davanti tutti gli ostacoli, i “se” e i “ma” che gli adulti pongono continuamente. Con l’amico del cuore si può ancora giocare e si può sognare come si vorrebbe essere da grandi.
Con l’amico del cuore si può parlare dell’altro sesso, si possono verificare le proprie ipotesi, si possono organizzare le prime manovre di avvicinamento. In compagnia dell’amico del cuore ci si può avvicinare con meno timori agli altri e si può sperimentare con più baldanza il gruppo dei pari. Non è un caso che si parli di gruppi di ragazzi di pari età. Durante la pre-adolescenza e l’adolescenza ci sono cambiamenti rapidi e significativi, due anni di differenza rendono i ragazzi molto diversi tra loro in un momento in cui hanno bisogno di sentirsi uguali ed ecco quindi che si aggregano con i pari di età.
Il gruppo degli amici, quelli che si sono scelti, non quelli che si trovano a scuola, è un altro importante sostegno emotivo. Diventa la propria realtà con i propri riti e le proprie mode. Il mondo degli adulti è altro da questo ed è, certamente, molto poco interessante per un adolescente. Non c’è da meravigliarsi , quindi, se l’andamento delle relazioni nel gruppo ha un’importanza che supera molte altre cose, tra cui i risultati scolastici, per un adolescente. Il gruppo è qualcosa di cui non si può fare a meno , pena la sensazione di terribile isolamento che l’adolescente non vuole sentire perché ha paura di non poterla affrontare e superare. Il gruppo dei pari dà un senso di forza impareggiabile.
Solo quando si sarà conquistata una maggiore sicurezza rispetto a “chi sono io” sarà possibile, soprattutto per i maschi, avventurarsi nel cercare il compagno o la compagna di coppia. Per le femmine la ricerca del compagno, ed il successo in questa ricerca, sembrano essere parte imprescindibile della propria individuazione di “chi sono io” e questo spiegherebbe anche la ricerca più precoce che le femmine fanno di una relazione di coppia rispetto ai maschi. Quindi non, o non solo, una pretesa maggiore maturità delle bambine ma proprio una necessità di fare un diverso percorso per portare a compimento i compiti di sviluppo.

Concludo con un appello rivolto agli adulti, a tutti quelli che, a vario titolo, incontrano adolescenti.
C’è qualcosa che un adulto non dovrebbe davvero fare mai ed è ferire l’adolescente sul piano della speranza.
Il percorso, come abbiamo visto, è complesso. Come adulti sappiamo che ogni volta che c’è una strada difficile da percorrere ci sono anche i dubbi e le incertezze, soprattutto relative al chiedersi se ce la faremo. Questo, a maggiore ragione, succede all’adolescente che , in quanto tale, percorre strade di cui non ha alcuna esperienza. E’ fondamentale che possa credere che quello che oggi non ha funzionato come avrebbe voluto, funzionerà domani; è fondamentale che possa credere che vale la pena crescere e diventare adulti. Se si distrugge, con il proprio comportamento o con il proprio atteggiamento nei confronti della vita, la speranza nel futuro, si rischia di distruggere la motivazione dell’adolescente a crescere, e questo un adulto non dovrebbe farlo.
I ragazzi che incontro, da quelli che vengono per problemi davvero seri a quelli che vengono per chiedere ascolto e riconoscimento, sono sempre persone che hanno qualcosa da regalare e da insegnare; quello che comunicano non è mai banale. Credo nell’importanza di dare riconoscimento al loro valore di persone in crescita, al loro sforzo di diventare grandi.

Bibliografia:

Anoressia, Hilde Bruch, ed. Raffaello Cortina Editore

Terapia Centrata sul Cliente, Carl R. Rogers, ed. La Nuova Italia

Sistemi cognitivi complessi e psicoterapia, M. A. Reda, La Nuova Italia

La famiglia del tossicodipendente, S.Cirillo, R. Berrini, G. Cambiaso, R. Mazza, ed. Raffaello Cortina Editore

Adolescenti e genitori, M. Malagoli Togliatti, R. Ardone, ed. La Nuova Italia Scientifica

I nuovi adolescenti, G. Pietropolli Charmet, ed. Raffaello Cortina Editori

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