Michele Minolli, membro fondatore della Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione (SIPRe), è direttore della rivista Ricerca Psicoanalitica e direttore della Scuola di specializzazione in psicoterapia a indirizzo psicoanalitico relazionale. Romina Coin è direttrice del Centro di psicoanalisi della relazione di Milano e docente presso la Scuola di specializzazione in psicoterapia a indirizzo psicoanalitico relazionale.
Questo non è un libro di facile lettura, perché non è soltanto quello che appare, cioè un libro sulla terapia di coppia, ma, prima di tutto, è un esercizio di metodo, un’applicazione alla terapia di coppia di concetti e di categorie analitiche nuove, derivate da una rivisitazione della dialettica hegeliana in chiave psicologica e alla luce della teoria dei sistemi complessi. Dal punto di vista dei contenuti, comunque, è effettivamente un libro di psicoanalisi della relazione di coppia. Contiene delle sintesi fulminanti che sono delle chiavi di lettura preziose e il suo pregio maggiore è forse la capacità straordinaria di inquadrare sempre il particolare in una logica complessiva di grande rilevanza.
Nei millenni, l’umanità ha pensato all’Io-soggetto come scisso tra l’Io e il non Io, cioè tra l’Io e quelle forze ingovernabili che sono la sessualità, l’affettività e la distruttività. Nell’antichità, gli dei hanno rappresentato queste forze scisse e ontologizzate. Secondo il manicheismo, l’Io è vittima di una lotta interna fra luce e tenebre, mentre nel medioevo il bene viene proiettato e invocato come soluzione nelle forme idealizzate dell’amore romantico. In seguito, il senso comune e le teorie scientifiche si sono inseriti nello stesso solco, fino a Freud che ha scisso dall’Io la sessualità, separandola, isolandola e codificandola come spiegazione della patologia. La Klein scinde dall’Io l’aggressività, ipotizzando questa come innata. Winnicott assolutizza l’affettività: la madre fonda l’essere umano e lo crea con la sua mente e il suo affetto. Ma la sessualità, l’aggressività e l’affettività sono, in realtà, altrettante componenti dell’Io soggetto. Modellando il loro metodo sulla Fenomenologia dello spirito di Hegel, gli autori perseguono il fine della guarigione psicologica della coppia, incamminandosi lungo il percorso della riunificazione nella coscienza di ciascun partner di ciò che è stato scisso e proiettato, cioè lungo il percorso psicologico dell’autocoscienza. Soltanto riconoscendosi in tutto ciò che è suo, l’Io soggetto diventa capace di governare se stesso.
Sulla base di queste premesse, le problematiche di coppia vengono analizzate in funzione di un divenire complesso che mette inevitabilmente i partner a dura prova. Infatti, le motivazioni reali che stanno alla base del costituirsi di due individui in coppia hanno a che fare con l’attuazione di sé, oltre che con l’attrazione sessuale. L’attuazione del desiderio è il motore che muove la prima fase di vita della coppia. Mentre il riconoscersi nella realizzazione del proprio amore costituisce la prima prova nel percorso della coppia. Infatti, il dirsi “io sono io che amo te” equivale a vedere che io non sono più il bambino che ha i genitori come riferimento più importante e questa può rappresentare una presa d’atto di sé che l’Io non è ancora pronto a sostenere. Il secondo momento nella vita di una coppia è la scoperta dell’altro come altro da sé, cioè la caduta delle illusioni. Alla sensazione soggettiva della fine del sogno corrisponde il processo oggettivo di elaborazione della propria visione dell’altro. La prova attraverso la quale deve passare adesso il processo dell’autocoscienza è il riconoscimento di sé per come si è nella scelta d’amore che è stata e continua ad essere la propria. Il terzo momento è quello della compensazione, quando ognuno dei due partner cerca di ritrovare un senso di sé basato su se stesso: la realizzazione professionale o economica, il rafforzamento del proprio status sociale, l’ultima fuoriserie, ecc., mentre per la donna questa prova spesso s’incanala nel desiderio di maternità, soprattutto quando esso viene perseguito in modo ostinato, rigido ed autoriferito. Come via d’uscita da questa crisi si profila il terzo ambito elaborativo che, secondo gli autori del libro, è forse il più difficile: la realizzazione di un sé separato e distinto all’interno e non al di fuori della relazione con l’altro. Le “cose”, infatti, si lasciano dominare in modo relativamente facile e non danno all’Io un rimando sufficiente della propria validità. Hegel scrive: “L’Io raggiunge il suo appagamento solo in un’altra autocoscienza”. Questa necessità evolutiva apre la strada al quarto, faticoso momento della vita di coppia: la lotta per il riconoscimento. È qui che l’analogia con la dialettica hegeliana servo-padrone calza in pieno. Basti pensare alla complementarità dei ruoli e a tutti i modi possibili in cui le parti del sé vengono distribuite nell’economia di una coppia, attraverso meccanismi di scissione e di proiezione. Questa lotta può degenerare, ma può anche condurre all’inveramento dell’altro e di se stessi. Gli autori ci tengono a precisare che “Se non si fosse inseriti in un duale d’amore, mai e poi mai sarebbe possibile accedere alla lotta per il riconoscimento ai suoi livelli più veri, perché è proprio il terreno solido dell’amore che funge da rassicurazione e da conferma e affermare questa lotta in assenza dell’altro sarebbe come perdersi nella follia” (p. 191). Il riconoscimento in se stessi delle parti scisse e proiettate nell’altro conduce finalmente ad una dimensione propria, legata alla possibilità di stare bene con se stessi per come si è e per come si può diventare. Questo offre, inoltre, l’opportunità di aiutarsi a vicenda ad essere se stessi: sei con me nel mio accedere a (appropriarmi di) me stesso.

Nell’ultima pagina si chiarisce il significato del titolo: amarsi, amando significa amare se stessi nell’amare l’altro da sé.

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