L’allattamento è una delle esperienza più importanti che coinvolgono la madre e il bambino nei suoi primi mesi di vita. Le modalità con cui questa esperienza si sviluppa, le emozioni e i pensieri ad essa collegate, contribuiscono senza dubbio a costruire la relazione che si istaura tra madre e figlio e possono esprimere tratti e caratteristiche importanti della donna e del suo bambino.
In queste brevi note, vorrei riportare le riflessioni che si accompagnano alla mia recente esperienza di allattamento, rilette in chiave analitico transazionale, con particolare riferimento al confronto tra i due modelli di allattamento al seno che attualmente sono proposti alle madri in uscita dai reparti di ostetricia e pediatria neonatale: allattamento “a richiesta”” o “regolato”.
Se infatti vi è oramai una quasi unanimità di accordo sull’importanza dell’allattamento al seno per lo sviluppo del benessere sia della madre che del bambino, per cui la madre è fortemente incoraggiata ad allattare naturalmente il proprio bambino, tuttavia è possibile che le madri si trovino a dover decidere quasi tra due scuole di pensiero intorno alle modalità effettive con cui allattare. Fino a qualche tempo fa infatti, anche l’allattamento naturale, come quello artificiale, era praticato secondo un modello che suggeriva alla madre di seguire orari fissi e prestabiliti, oggi, invece, anche grazie ad associazioni di madri per la promozione dell’allattamento naturale (es. Lega del latte) si tende a promuovere sempre di più la pratica dell’allattamento a richiesta. Sto parlando di due scuole di pensiero, perché dietro a questi due differenti stili di allattamento stanno convinzioni sulla madre e il bambino, sui loro bisogni, capacità e risorse, effettivamente diverse e credo che la scelta tra questi due modelli dipenda probabilmente, più che da argomenti scientifici a favore della bontà dell’uno o dell’altro, dalle caratteristiche profonde della madre come persona e dai primi segnali di personalità del suo bambino.
Le riflessioni che vi propongo riguardano appunto quelli che secondo me possono essere indicati come punti di forza e di debolezza dell’uno e dell’altro stile di allattamento.
Sinteticamente gli argomenti che vengono portati da pediatri, ginecologi, ostetriche etc.a favore dell’uno o dell’altro modello e le caratteristiche che ne definiscono l’impostazione a mio avviso sono i seguenti:
1. Allattamento “regolato”: su questo modello si organizzano generalmente le poppate nei reparti di ostetricia; il bambino viene allattato ad orari prestabiliti, secondo uno schema che varia in funzione dell’età (sei poppate il primo mese, poi cinque fino al quarto-quinto, poi quattro), e che prevede una poppata ogni tre ore e mezzo, o quattro a seconda dello schema seguito; alla madre all’uscita dall’ospedale viene consegnata una “tabellina di marcia” con gli orari consigliati, in genere sullo schema ogni quattro ore (6, 10, 14, 18, 22, 2) e le quantità di latte che il neonato dovrebbe assumere in base ai giorni-mesi di vita.
Secondo questo modello si consiglia alla madre di attenersi il più possibile alle ore previste dallo schema, “distraendo” il neonato fino all’ora prevista per la poppata, se si sveglia in anticipo, o svegliandolo, se ancora dorme; si raccomanda di pesare il bambino prima e dopo il pasto per controllare il latte ingerito e se il neonato non assume la quantità di latte previsto, lo si osserva per due o tre poppate, per intervenire poi, piuttosto sollecitamente con una aggiunta di latte artificiale.
Le motivazioni che i pediatri portano a sostegno di questo modello sono sinteticamente queste:
– il neonato viene aiutato dalla madre a trovare e seguire un ritmo adeguato di riposo/nutrimento;
– tre ore e mezzo/quattro ore è il tempo più opportuno per consentire agli organi interni del bambino di lavorare correttamente senza affaticarsi e al seno della madre di riempirsi.
– è vero che i neonati possono piangere spesso, ma non è detto che sempre piangano per fame; prima di tre ore è improbabile che piangano per la fame; allattare ogni volta che il neonato piange non consente alla madre di comprendere i tipi diversi di pianto corrispondenti alle differenti esigenze del bambino.
2. Allattamento “a richiesta”: secondo questo modello si suggerisce alla madre di attaccare al seno il bambino ogni volta che questo mostri di desiderarlo. Le poppate non hanno né un orario né un numero prestabilito; neppure la quantità di latte assunta dal bambino sarà sempre la stessa, ma varierà in funzione di molti fattori (fame, consistenza del latte, etc.); pertanto è inutile pesare il bambino ogni volta che mangia, è sufficiente farlo una volta alla settimana per controllarne la crescita e verificare se bagna il pannolino almeno 5 volte al giorno. Se cresce più di 100/125 g a settimana e bagna il pannolino significa che è sufficientemente nutrito e non è necessario intervenire in nessun altro modo.
Questo modello è sostenuto dai seguenti argomenti:
– i neonati sono capaci di autoregolarsi; dopo un periodo di “anarchia”, trovano spontaneamente il proprio ritmo, corrispondente alle proprie necessità;
– la quantità di latte che il bambino assume corrisponde alle sue affettive esigenze e per questo non necessariamente rispecchia gli standard delle tabelle pediatriche;
– l’allattamento a richiesta offre maggiori garanzie di successo di un allattamento prolungato, in quanto la stimolazione frequente del seno determina una maggiore produzione di latte rispetto ad una stimolazione “regolata”;
– il latte materno e il seno della madre costituiscono tutto ciò di cui il neonato ha bisogno: saziano, dissetano, coccolano, rassicurano etc.; qualsiasi altro supporto – acqua, tisane, aggiunte di latte artificiale, cucchiaini, ciucciotti, biberon, interferiscono con il processo naturale di allattamento;
Come si vede, anche ad una primo sintetico approccio, l’idea di madre e di bambino che si presuppone ai due modelli è effettivamente diversa.
Nel primo caso l’accento va sulla funzione di guida che la madre ha nei confronti del bambino; nei testi che propongono l’allattamento “regolato” si parla infatti spesso della necessità per il bambino di essere guidato dalla madre a trovare il proprio ritmo attraverso una proposta di orari piuttosto rigidi, che prevedono una minima elasticità; diversamente secondo i sostenitori dell’allattamento a richiesta il bambino è dotato sin dalla nascita della capacità di autoregolarsi e di trovare da solo il proprio ritmo.
In termini di A.T. si potrebbe dire che nel primo caso alla madre è richiesta sin da subito l’attivazione oltre che del Genitore Nutritivo, anche di quello Normativo, comprendendo sin da subito nel suo ruolo di genitore la funzione di promuovere nel bambino un adattamento alla richieste dell’ambiente in un processo educativo-adattivo. Congruentemente al bambino sono riconosciuti, sin dalla nascita, oltre che dei bisogni, delle capacità di adattamento, di gestione, se pur minima della frustrazione.
Diversamente, per quanto riguarda l’allattamento a richiesta, l’accento è posto quasi esclusivamente sulla funzione nutritiva del Genitore della madre, rimandando a dopo i sei mesi l’attivazione della parte normativa, e sulla necessità di far confluire le energie essenzialmente su questa parte protettiva per favorire nel bambino lo sviluppo delle sicurezze rispetto alla legittimità dei suoi bisogni di base e alla solidità della propria base sicura; in altre parole un solido attaccamento.
In termini di okeness, il secondo modello sembra più facilmente aprire la strada ad una percezione ++ nelle posizioni esistenziali di madre e bambino, in quanto si sollecita la madre ad accogliere sempre e comunque i bisogni del bambino: il bambino è ok ed è fin dall’inizio una persona con delle competenze per la sua vita. Anche nei confronti della madre si promuove un atteggiamento di positività, infondendo fiducia nelle sue capacità di essere adeguata ai bisogni del suo bambino e raccomandando serenità e riposo a riconoscimento dei suoi bisogni.
Se consideriamo come questi modelli possono veicolare delle ingiunzioni, ancora una volta il modello dell’allattamento a richiesta sembra evitare più facilmente il passaggio di messaggi del tipo “non sentire”, “non essere un bambino”, “non entrare in intimità”, “non chiedere quello che vuoi”, in quanto propone proprio, come abbiamo visto un modello relazionale di forte accoglienza, intimità e riconoscimento dei bisogni del bambino, mentre attenersi rigidamente a orari che non corrispondono alle esigenze del neonato può indirettamente favorire il passaggio di un’ingiunzione complessiva del tipo: “sarai OK se sarai capace di controllarti”.
D’altra parte però, dati questi evidenti punti di forza del modello di allattamento naturale a richiesta, si possono tuttavia riconoscere degli elementi di debolezza o di rischio, che possono inficiare notevolmente il raggiungimento degli obiettivi propri di questa fase evolutiva del bambino e una relazione armoniosa con la madre.
Tale modello infatti facilita a mio avviso il mantenimento di una relazione simbiotica per certi aspetti totalizzante della relazione madre-bambino, che non è detto si sciolga spontaneamente dopo i sei mesi.
Se la condizione simbiotica è naturale in questi primi mesi di vita del bambino, essa tuttavia non è più della natura totale che la madre sperimenta durante la gravidanza, ma si apre necessariamente e gradualmente, sin dal taglio del cordone ombelicale, all’esperienza della separazione e della differenziazione. Un modello di allattamento che prevede la totale disponibilità del seno materno per certi aspetti propone alla madre una simbiosi ancor più impegnativa di quella del periodo prenatale, in quanto rischia di escludere completamente il Bambino della mamma a favore esclusivo di quello del suo bambino.
Tale perdita può rischiare di essere compensata con una simbiosi di secondo ordine che vede gratificato il B1 della madre dal comportamento più o meno soddisfacente del bambino; e questo tipo di simbiosi può rischiare di mantenersi anche oltre il naturale periodo simbiotico neonatale, con il conseguente passaggio di ingiunzioni del tipo “non crescere-non ti separare”, con l’accumulo di buoni premio, che da qualche parte e in qualche momento la madre esigerà di ritirare.
Un altro aspetto che possiamo considerare è quello delle svalutazioni. Possiamo riconoscerne il rischio in entrambi i modelli, in forme diverse, spesso complementari:
– nel primo modello, quello dell’allattamento “regolato” la madre può svalutare il bisogno del bambino di stare in contatto con lei più frequentemente delle 5/6 poppate previste, può svalutare l’eventualità che abbia effettivamente fame più spesso, o che diversamente, quando non assume la quantità di latte prevista, sia sazio più presto; può svalutare infine la capacità del bambino di essere effettivamente consapevole dei propri bisogni e di saperli manifestare, sopravvalutando al contrario la capacità di sostenere la frustrazione. Complessivamente può svalutare l’originalità del proprio figlio, rispetto alle tabelle pediatriche.
– Nel secondo modello, nell’allattamento a richiesta, la madre può al contrario svalutare la possibilità che il bambino pianga per un motivo diverso che non la fame e la propria capacità di rispondere in maniera differenziata ai bisogni del bambino; se infatti è vero che l’offerta del seno risolve generalmente qualsiasi forma di pianto del bambino, non è detto che questa sia effettivamente l’unica risposta possibile, ad es. ad un pianto di sonno o di noia. L’altra svalutazione possibile è quella dei propri effettivi bisogni; non tutte le madri infatti sono in grado di sostenere una situazione di completa disponibilità e imprevedibilità senza accumulare, come dicevamo buoni premio, o stabilire simbiosi di secondo ordine. Può infatti essere che in questo caso la madre decida inconsapevolmente per l’allattamento a richiesta non da una posizione di Adulto integrato, che contempera le aspettative del proprio G con i bisogni del proprio B, ma piuttosto rispondendo a spinte del tipo “sii una madre perfetta” o “compiaci” rispetto a modelli genitoriali che ha interiorizzato o che le vengono proposti da figure autorevoli -il pediatra, l’ostetrica, i libri più recenti -; anche in questo caso la madre tenderà a riproporre un’immagine ideale del proprio bambino, corrispondente ai libri o alle descrizioni proprie di questa scuola di pensiero, svalutando, come nell’altro caso, l’unicità del proprio bambino e della sua relazione con lui.
Quest’ultimo punto ci suggerisce un’ulteriore riflessione rispetto alle modalità con cui entrambi i modelli vengono proposti e alle possibili forme di recezione da parte della madre.
Ciò che mi sembra di notare infatti è un eccesso di assolutizzazione del modello da parte dei rispettivi sostenitori. Se tale rigidità può apparire più consona al modello che propone l’allattamento “regolato”, in quanto esplicitamente più incline all’individuazione di “regole” e “standard” generali, stupisce di più nei testi e nelle forme di divulgazione dell’allattamento a richiesta. Ancora una volta ricompare la tentazione alla generalizzazione e alla standardizzazione, che sembrava in un primo momento voler essere bandita. Quando si esclude, con affermazioni perentorie, l’utilizzo di ciucciotti, acqua, aggiunte di latte artificiale etc. si insinua nella madre una sorta di terrore per tutto ciò che in realtà in alcuni casi può essere una risorsa per lei e per il bambino. Quando si dice alle madri che all’inizio i neonati hanno bisogno di succhiare per più di cinque– sei volte al giorno, o che dopo un periodo iniziale di anarchia tutti i bambini trovano un proprio ritmo di poppate/riposo che si orienterà sui cinque-sei pasti, o tutte le diverse categorie in cui vengono descritti i bambini –voraci, pigri, spiriti liberi etc.- si fanno previsioni e si ripropongono modelli nei quali le madri possono non riconoscersi, e rispetto ai quali possono sentire se stesse e il proprio bambino inadeguati. Tale senso di frustrazione rispetto ai modelli proposti è d’altra parte una possibilità più che naturale se si considera che in questo momento anche la madre come il suo bambino si trova in una fase evolutiva in cui ha bisogno essenzialmente di essere riconosciuta, accolta e amata come madre e come persona, così com’è e non per la sua corrispondenza a qualche descrizione teorica.
Questo è appunto quanto ho sperimentato recentemente come “mamma neonata!”.
All’inizio per me l’essere madre, ed in esso allattare, era un fatto talmente nuovo, per cui la ricerca di un modello che sintetizzasse conoscenze pediatriche, teorie psicologiche e esperienza di madri, aveva per me soprattutto il significato di contenere le mie ansie e di legittimare la mia esperienza.
Da un lato infatti con il mio B sentivo fortemente il bisogno di appartenere e riconoscermi parte di un gruppo di madri era per me molto rassicurante. Anche potermi riconoscere in un orientamento teorico contribuiva a rassicurarmi, perché in qualche modo poteva garantirmi una sorta di prevedibilità alle mie azioni e a quelle di mio figlio.
Tale propensione però contribuiva a consolidare ideali molto genitoriali di “madre adeguata” e di “bambino-perfetto”, con i quali ho ben presto dovuto fare i conti, perché progressivamente si rivelavano sempre più distanti dalla mia concreta realtà; chiedendo consigli ad amiche e conoscenti mi rendevo conto che incontravo una varietà di esperienze e opinioni a sostegno dell’uno o dell’altro modello che alla fine filtravo sempre secondo le mie fantasie di madri e bambini “come dovrebbero essere”.
D’altra parte però riuscivo con difficoltà a calarmi completamente in una scuola o in un’altra e a seguirla fedelmente, perché non riconoscevo né me stessa, né il mio bambino nelle generalizzazioni proposte. Parallelamente al bisogno di appartenenza sentivo infatti il bisogno di riconoscere la mia originalità di persona e di madre, insieme a quella del mio bambino, nello stesso tempo però mi era altrettanto difficile “navigare a vista” senza un piano o una mappa predisegnata da seguire, e in cui riconoscermi, perché questo mi faceva sentire senza protezione.
Solo successivamente mi sono resa conto che ciò di cui avevo bisogno era di acquistare sicurezza rispetto all’originalità della mia esperienza e di riconoscermi la capacità di intuire che cosa andava bene per me, per il mio bambino e più ampiamente per la mia famiglia.
Soprattutto ho iniziato a vivere con maggior serenità l’allattamento quando ho cominciato a considerare i modelli come un orientamento che fornisce indicazioni in un momento di possibile confusione e insicurezza, ma ammettendone necessariamente ampie varianti e sincretismi di ogni genere.
Per questo motivo, tra tutte le indicazioni e i suggerimenti che in questo tempo ho ricevuto, quelli che mi hanno aiutato di più sono stati quelli che sono riusciti a contenere e poi a ridurre la mia ansia, aiutandomi a trovare una risposta ai miei bisogni di appartenenza e di essere me stessa, ovvero quelli che mi hanno suggerito un modello e una esperienza, con funzione di contenimento della mia ansia, dandomi allo stesso tempo il permesso di adattarlo alle mie esigenze e a quelle del mio bambino.
Un ruolo importante in tutto questo l’ha giocato anche il mio compagno, Marco, padre del nostro bambino. All’inizio non mi sono resa conto di che cosa potesse significare la sua presenza in questa esperienza. Quando si parla di allattamento infatti si tende a trascurare l’importanza del padre, ed in effetti anche a me non sembrava di poter riconoscere in lui alcuna risorsa per sciogliere i miei dubbi. Il fatto che ai padri manchi l’esperienza fisica dell’allattare mi sembrava che li mettesse automaticamente fuori gioco in questa questione e tendevo a ricercare l’esperienza, la competenza e la solidarietà femminile. Il mio bisogno di appartenenza era essenzialmente orientato al mondo medico/pediatrico (“lo dice il pediatra”) o a quello delle madri (“lo dice lei che ha allattato tre bambini”) perché solo a questi riconoscevo la competenza sufficiente per rispondere alle mie insicurezze.
Pian piano però sto sperimentando che per sentirmi una madre “sufficientemente accettabile” il sostegno e l’approvazione di Marco rispetto al mio essere madre sono ancor più importanti. È soprattutto in questa relazione che trovo i riconoscimenti giusti per accrescere la fiducia in me stessa, per sentirmi ok come persona e come madre.
In questo senso il padre del bambino, quindi, può essere una base sicura di accettazione e amore, una fonte di sicurezza insostituibile per la mamma.
Complessivamente, quindi, fuggire la generalizzazione e l’eccessiva rigidità nell’assunzione dell’uno o dell’altro modello di allattamento, distaccarmi un poco dai miei “fantasmi ideali”, rivalutare in questa esperienza il ruolo del papà, mi ha consentito di non entrare nuovamente in un processo di svalutazione, in primo luogo dell’unicità e originalità della mia coppia mamma-bambino, e della mia triade madre-padre-bambino, secondariamente del mio bisogno di madre di “poter esistere” in quanto tale.
Credo che sia proprio all’interno di tale originalità che a ciascuna madre può essere permesso di scoprire quale forma di allattamento risponde meglio al costruirsi di una relazione armoniosa tra lei e il suo bambino, rispettosa dei bisogni di entrambi, in un processo di scoperta e adattamento reciproco, di riconoscimento e espressione delle proprie rispettive irriducibili caratteristiche.
Laura Capantini, con la collaborazione di Francesco (mio figlio) e Marco Ferrini….
Bibliografia:
Oltre ai testi fondamentali di AT:
N. Dana, A. Price, Allattamento, Fratelli Melita Edizioni.
Dispense per i partecipanti del Corso di formazione per la promozione dell’allattamento al seno – Dipartimento di Pediatria Università di Napoli Federico II – Assessorato della Sanità Regione Campania – Unicef – Organizzazione Mondiale della Sanità.
D. Stern, N. Bruschweiler, Nascita di una madre, Mondadori 1999.
J. Bowlby, Attaccamento e perdita, Boringhieri, 1983.
P. Levin, The cycle of development, Tas 1982
R. Mastromarino, Prendersi cura di sé per prendersi cura dei propri figli, ed. Paoline
Risorse nell’Internet:
La rete è ricchissima di siti per la promozione dell’allattamento naturale. Tra i principali segnaliamo:
La pagina dell’allattamento materno www.allattiamo.it con una serie di articoli di Jack Newman e Katherine Dettwyler
Mami – Movimento per l’allattamento materno italiano: www.mami.org
Supereva/Guide/Gravidanza-Parto-Allattamento: www.supereva.it
The International Lactation Consultant Association (ILCA): www.ilca.org
Breastfeeding.com: breastfeeding.com/