A cura di Mariangela Bucci, Giovanni Lancellotti ed Alberto Lorenzini.
Questo numero di Script è nato durante il lockdown, tanto per confermare la saggezza del proverbio, per cui non tutto il male viene per nuocere. Ma ci mancherebbe altro che paragonare una tale immane sciagura collettiva alla scintilla di buona volontà che queste nostre povere pagine virtuali ci vengono a rappresentare. Penso piuttosto all’esperienza d’introversione e di rapporto con noi stessi che siamo stati tutti chiamati a fare. Non dimenticherò mai il candore di un paziente che ha confidato: “A me questo lockdown è piaciuto! Ho scoperto di stare bene in compagnia di me stesso; non credevo di esserne così capace”.
Ciò con cui abbiamo avuto e, ahimè, ancora abbiamo a che fare presenta dimensioni tali da lasciare senza parole. Un evento catastrofico globale che ha spianato il mondo e per qualche tempo ha rimesso in discussione la gerarchia dei valori che informano la vita di quasi tutti gli esseri umani del pianeta. Poteva una rivista di psicologia orientata in senso umanistico come Script mandare in rete un numero come tutti gli altri, una rassegna di riflessioni nel campo della psicoterapia e materie affini, senza farsi colpire da ciò che accade intorno? Follia! Neanche per un momento la redazione di Script ha pensato di poter seguire una simile traiettoria così distaccata dalla realtà della vita e della morte che bussa alla porta, anche perché in questo caso non ha bussato alla porta, ma l’ha letteralmente sfondata. Abbiamo reagito alla bene e meglio, facendo posto alla realtà dei fatti e alla riflessione sui fatti.
La realtà dei fatti è documentata da un articolo di cronaca, tanto per non dimenticare i particolari di ciò che è accaduto e di come si è reagito qui nella nostra povera Italia, sulla quale il virus si è accanito peggio che altrove. Si è detto che giocoforza siamo diventati una sorta di laboratorio mondiale della pandemia, la quale non consiste soltanto di virus e terapie intensive, ma anche di provvedimenti politici, chiusure, barricate protettive che ci hanno progressivamente incarcerati, esperimenti di resilienza che non avremmo mai voluto attraversare, cambiamenti impensabili nel nostro modo di vivere e di lavorare.
Serenella Pegna è l’autrice della preziosa cronaca, intitolata Ritorneremo effervescenti; preziosa anche perché impreziosita dalle fotografie autografe che si alternano con le pagine del testo e documentano qualcosa di poetico e perturbante, la natura che è subito pronta a riprendersi lo spazio lasciato vuoto da noi e ci viene a sussurrare che la vita non finirà con noi… Una consolazione, o forse più che altro un monito.
Anche le Guerre di carta porta la firma della stessa autrice e questa volta non si tratta di pura cronaca, ma già di riflessione. In questo articolo Serena ci mostra come sia stata politicamente usata la metafora della guerra per parlare di una malattia. Tutto il genere umano è sceso in guerra contro un nemico invisibile… oppure no, perché non c’è un nemico dall’altra parte, ma soltanto una malattia da curare? La semplificazione, la ricerca di un colpevole e la reazione aggressiva e roboante sono sempre più spesso la motivazione politica che sta al cuore del populismo ed è giusto non dare per scontato che quella della guerra rappresenti una metafora innocente.
Manlio Iofrida va molto a fondo nelle sue riflessioni sulla pandemia; d’altra parte questa è la sua vocazione di filosofo che persegue una filosofia decisamente incarnata e sempre più radicata nella vita, piuttosto che nell’erudizione e nell’astrattezza che siamo soliti attribuire alla sua disciplina. Dice Manlio nel suo articolo intitolato Note sparse sul Coronavirus, la filosofia e l’ecologia: “Prima la vita, poi l’economia! I politici sono disorientati perché, in un mondo in cui quel che conta sono i piaceri, il consumo, le vacanze, ecc., per poter vendere tutte queste cose bisogna innanzitutto garantire ai cittadini la vita. Il capitalismo neoliberale che ci ha resi così paurosi, così incapaci di sopportare la malattia e il limite, ora come se la caverà?”. L’articolo contiene una rassegna del pensiero filosofico sull’argomento e le riflessioni originali dell’autore che sono improntate in senso ecologico e fondate sul pensiero di un grande anticipatore: Merleau-Ponty.
Fabio Beni e Daniele Santoni hanno firmato insieme un saggio su di un argomento solo apparentemente lontano dalla tragica attualità. Orpha è il nome che Ferenczi ha riservato a una delle più stupefacenti capacità di resilienza della psiche, quando ci ritroviamo nei contesti traumatici più terrificanti e gravi. Come suggerisce il titolo dell’articolo, La dissociazione che salva la vita?, si tratta dell’emergere di un altro Sé, diverso da quello della vita quotidiana, o meglio della vita fino a quel momento tragico. Tutti ricordiamo il Piccolo principe, il fanciullo divino che fa compagnia a Saint-Exupery durante la settimana passata con il suo aereo in panne nel deserto. Questo meraviglioso personaggio allucinatorio non solo incoraggia e sostiene l’autore nell’improbabile tentativo di aggiustare l’aereo e di sopravvivere il tempo necessario, ma lo aiuta anche a tirare le fila della sua vita e a chiuderla con il giusto viatico, nel caso fosse questa la sorte.
Mauro Stampacchia, con Dopo il Corona virus. Le pandemie nella storia ci fa entrare nell’universo pandemico a partire dall’antichità fino ad arrivare ai nostri giorni. Il punto focale riguarda il rapporto esistente tra i fenomeni patologici virali e l’influenza che hanno nel complesso della società: scelte economiche, abbandono di aree precedentemente abitate e nuovi ripopolamenti, influenza sulla giustizia, uso politico delle pandemie da parte delle classi dirigenti, segni lasciati nella mentalità collettiva colpita dall’alto numero delle morti, aspetti religiosi, spartiacque coi mondi di “ieri”.
L’articolo di Gary Greenberg: “Therapy under lockdown: ‘I’m just as terrified as my patients are’”, pubblicato in The Guardian del 23 aprile u.s. ha attirato la nostra attenzione ed abbiamo deciso di pubblicarlo in lingua originale.
Ci è sembrato un testo che ben rappresenta le novità che riguardano i Clienti o Pazienti (abbiamo scritto in numeri precedenti su quella che riteniamo sia la differenza nell’uso dei due vocaboli) , e gli Psicoterapeuti. VissutI, fragilità , domande inespresse, domande a cui è difficile dare una risposta perché siamo ancora nel tempo del Covid-19 e ci vorrà tempo prima di comprendere davvero i cambiamenti emersi nella strutturazione dei nuovi setting psicoterapeutici.
L’articolo di Mariangela Bucci, Il caso di Giulia, evidenzia come la nostra cultura , negli anni, ha sottratto sempre più spazio all’elaborazione del lutto.
Il caso presentato mette in evidenza quanto, invece, un lutto che avviene in una famiglia possa condizionare, a livello di struttura di personalità, anche chi non era ancora nato al momento della perdita.
Quando il lutto lascia, in uno o più componenti della famiglia, una traccia di dolore insanabile, quei vissuti lasceranno una traccia intergenerazionale che , per essere superata, ha bisogno di essere elaborata.
Giovanni Lancelllotti in Sceneggiature della psiche legge con un occhio psicologico il film Una donna fantastica, del regista Sebastiàn Lelio Il film racconta alcuni giorni di Marina, una transgender che vive a Santiago del Cile e che vede sconvolta la sua vita dopo la morte improvvisa del suo compagno. Tutte le ipocrisie e le violenze della società e dei singoli individui vengono raccontate nella lotta di Marina per partecipare di diritto al cordoglio per la morte del compagno, così come le avversità e le lotte della protagonista per affermare il diritto ad esistere con la propria identità.
La Letteratura compagna della Psicologia (a cura di Giovanni Lancellotti). Gli ambiti delle due discipline sono diversi, ma non lontani. Negli esempi riportati sono accostate, forse soltanto per il puro piacere di farlo, tre diverse condizioni (adolescenza, ossessione-compulsione, dissociazione) a tre diversi frammenti letterari. Il giudizio sulla scelta è lasciato alla pazienza dei lettori.
Le sezioni finali – a cura di Giovanni Lancellotti, ma opera di autori che hanno scelto di esporsi sotto pseudonimi (Olympia, Antonius Block, Nemo) – riguardano alcuni esempi di forme narrative derivanti da percorsi psicologici o da riflessioni personali, tradotte in forme letterarie. Naturalmente gli autori non sono scrittori professionisti, ma donne e uomini che scrivono, in diversi momenti e contesti, per operare quella conoscenza di sé che si può intravedere in una composizione nata da esigenze psicologiche e senza ricerche estetiche.
In Raccontare/Raccontarsi, Olympia racconta, attraverso un particolare feedback, l’esperienza di un breve corso di aggiornamento per insegnanti, che verteva sulla conoscenza di sé attraverso la scrittura, da proporre poi agli alunni della scuola.
In Magmatica, Antonius Block e Nemo hanno dato vita ad una scrittura in forma di pensiero libero, con associazioni non organizzate, da trasformare eventualmente in testi formalizzati, oppure destinate a rimanere “magma”.
In Fragmenta, Nemo ha dato seguito alla pagina magmatica, incominciando a scrivere le battute di una rappresentazione teatrale “L’Orlando depresso”. Queste prime battute rappresentano la partenza di un frammento di vita, di psicologia individuale, che viene così rappresentata, uscendo dalle ombre dell’inconscio e da un primo approccio indistinto, per farsi forma e linguaggio, cioè divenire coscienza.
Nota: Mariangela Bucci, Giovanni Lancellotti ed Alberto Lorenzini sono psicoterapeuti, soci di SCRIPT, Centro Psicologia Umanistica di Pisa. Per notizie su di loro si può consultare la voce “Chi siamo” del sito stesso.