Nell’articolo di fondo ospitiamo il contributo che Alberto Lorenzini ha presentato lo scorso anno a Ravenna, al convegno internazionale “Morte e amore per la vita in Psicoanalisi”, organizzato dall’Opifer (Organizzazione di Psicoanalisti Italiani, Federazione e Registro), congiuntamente con l’American Academy of Psychoanalysis and Dynamic Psychiatry, in memoria di Romano Biancoli, un collega recentemente scomparso che ha fatto molto negli ultimi decenni per coltivare in Italia la psicoanalisi umanistica di Erik Fromm. Questo lavoro, intitolato un po’ enigmaticamente Senso del limite e appartenenza all’essere, appare molto denso di riflessioni filosofiche e contiene alcune idee nuove nella natura della mente umana, sulle quali l’Autore sta attualmente lavorando e che gli stanno molto a cuore. La metafora con la quale si possono più facilmente riassumere è quella dell’essere umano come “innesto”. Sulla base di una mente animale, la cui coscienza, come in tutti gli animali superiori, è centrata sulle percezioni, l’apprendimento del linguaggio verbale determina una parziale ma decisiva riorganizzazione psichica. La coscienza viene risucchiata, allontanata dalle percezioni e ri-centrata sul dialogo con se stessi, creandosi così la coscienza riflessiva, un innesto improvviso che s’impianta su una base consolidata da centinaia di milioni di anni di evoluzione naturale. Si tratta di un evento “catastrofico”, non privo di conseguenze pericolose, prima di tutte l’inevitabile dissociazione di base dell’essere umano, che negli ultimi tempi è stata sempre meglio concettualizzata in psicoanalisi e attualmente è addirittura possibile “vedere” con le tecniche di micro-videoanalisi, utilizzate nell’infant research. Si comincia infatti a parlare di “nucleo procedurale” (Downing) e di “nucleo dinamico” (Edelman), come di livelli diversi di integrazione e di funzionamento della coscienza (vedi anche la “teoria del codice multiplo” di Wilma Bucci), e si comincia in questo modo a capire molto meglio che razza di difficoltà costituisca il compito esistenziale e terapeutico dell’integrazione della personalità.

Nella rubrica Il punto di vista, sempre a firma di Alberto Lorenzini, fa da contrappunto un articolo molto più ironico e di facile lettura, intitolato “Sembrava che fosse amore, invece era un calesse”. Si tratta di un testo nato per accompagnare e commentare una lettura teatrale di testi amorosi di tutte le epoche, “sceneggiati”, per così dire, da Giovanni Lancellotti e messi in scena lo scorso anno con l’aiuto di una piccola compagnia di amici attori nella sede dello Script, in Lungarno Gambacorti, e poi replicata a Santa Croce sull’Arno, su invito del locale assessorato alla cultura. Il titolo riprende l’omonimo titolo di un famoso film di Troisi, e allude al fatto che nell’amore si incanalano frequentemente ogni sorta di bisogni, soprattutto di tipo narcisistico, cioè di sostegno del proprio sé, grazie alla fisiologica idealizzazione dell’oggetto d’amore e dello stato stesso d’innamoramento, che facilmente (fatalmente) si presta all’inganno. Al di là di tutte le possibili falsificazioni, viene tuttavia riconosciuto l’amore come esperienza autentica di rinnovamento della vita.

Psicologia, scuola e formazione è occupata da un breve scritto a due mani, di grande attualità. Eleonora Aquilini e Carlo Fiorentini, esperti formatori di insegnanti, ci parlano della progressiva squalificazione della scuola, colta qui nel vissuto degli studenti, per i quali «il tempo trascorso a scuola è percepito come una frazione qualitativamente poco importante della loro vita», e della passione di alcuni insegnanti che raccolgono la sfida, nell’intento di dare, nonostante tutto, nuova vitalità e nuovo senso al loro lavoro. Questa scommessa punta sul recupero dell’esperienza in prima persona, per riuscire a interessare e a coinvolgere gli studenti, demotivati dall’impersonalità dell’insegnamento tradizionale delle discipline scientifiche. Anche la scienza produce narrazioni e come «“Sherazade racconta una storia in cui si racconta un’altra storia e così via. L’arte che permette a Sherazade di salvarsi la vita ogni giorno sta nel saper incatenare una storia all’altra e nel sapersi interrompere al momento giusto: due operazioni sulla continuità e sulla discontinuità del tempo» (Calvino, Le mille e una notte). Tesi dell’articolo è che narrazione e ritmo temporale siano gli ingredienti fondamentali per la chimica dell’attenzione, del coinvolgimento e della partecipazione costruttiva.

Il vasto campo accoglie lo scritto di Leonardo Angelini, un collega di Reggio Emilia che ci dimostra come anche la dedizione e l’impegno a favore del volontariato giovanile possa stimolare la mente dello psicologo verso nuove e originali concettualizzazioni psicologiche. Il “rimaneggiamento” è la chiave di lettura, attraverso la quale egli è in grado di affrontare i periodi difficili, di crisi del sistema psichico, quando un vecchio equilibrio non regge più ed è necessaria una riorganizzazione per raggiungere un equilibrio nuovo: «si può dire che l’attività di rimaneggiamento sia innanzitutto un processo intrapsichico che, a fronte di un nuovo canovaccio che va in scena all’interno del nostro universo rappresentazionale, comporta una ridefinizione di ogni parte del nostro mondo interno, che deve condurre ad un nuovo equilibrio, funzionale ai nuovi aspetti della realtà esterna, ma soprattutto alle nuove ansie e alle nuove angosce che la nuova realtà interna impone». Il termine di “rimaneggiamento” è ripreso da Freud, ma il significato che viene proposto è totalmente nuovo.

Fabio Radisarda affronta negli strumenti del vedere un compito di vasta portata, prendendo in esame, attraverso una rassegna dettagliata e soprattutto aggiornata, la letteratura psicoanalitica sul sogno, dal principio fino ad oggi. Nel suo articolo, intitolato “Il sogno: una nuova prospettiva psicoanalitica contemporanea tra neuroscienze ed infant research”, egli dedica molto spazio agli aspetti neuroscientifici della questione, dotando la psicoanalisi di un formidabile dossier difensivo contro chi vorrebbe considerarla come una disciplina sorpassata dagli sviluppi della psichiatria e della scienza.

In Rogers contemporaneo, nell’articolo di Manu Bazzano, vengono affrontati, in estrema sintesi, alcuni argomenti che riguardano la essenza del genere in psicoterapia (cioè il precipuo significato di essere maschi-psicoterapeuti), il segno più profondo della “paternità” intesa come fratellanza fra uomini che ti aiuta a crescere senza essere giudicati e l’approccio rogersiano, spogliato dalla vulgata che lo vuole un paradigma tendente al minimalismo clinico ed alla rassicurazione di chi lo pratica come molto meno complesso delle costruzioni teoriche di altri indirizzi, ma la piena e “virile” apertura all’imprevedibilità dell’incontro terapeutico e al superamento della contraddizione fra essere terapeuta e uomo nella nostra cultura occidentale. Una lettura che nasconde nelle sue sintesi una serie di stimoli molto attivi e figli del nostro tempo, che echeggiano gli scritti sulla “paternità” nella società attuale, come il recente “Che cosa resta del padre” di Massimo Recalnati o il più antico “Verso una società senza padre” di Alexander Mitscerlich che, negli anni Settanta del secolo scorso, ha costituito una base per l’interpretazione di una mascolinità al di fuori dell’autoritarismo.

Sceneggiature della psiche comprende una recensione cinematografica di Giovanni Lancellotti sul film di Tom Hooper “Il discorso del re”. La storia di una discesa agli inferi nel disturbo della parola, accentuata dalla carica di re e dalla obbligatoria funzione pubblica che ne consegue. Non si può essere agorafobici e re, balbuzienti e compresi nell’attività politico-pubblica. Attraverso la figura di Giorgio VI e del suo terapeuta Lionel Louge viene descritto il viaggio verso la guarigione, costruito su un rapporto di psicoterapia ante litteram, che relega nella posizione secondaria gli aspetti ortofonici per privilegiare il rapporto umano della coppia logoterapeuta-paziente e la presa di coscienza del principe di York (il futuro re, appunto) delle sua angosce infantili, della freddezza dell’ambiente familiare, dell’autoritarismo che annulla ogni aspetto di personalità dell’educando.

Frammenti, questa volta a cura di Giovanni Lancellotti, raccoglie impressioni personali delle letture in corso nel periodo di pubblicazione della rivista. Sono brani raccolti in una specie di antologia non logica di concetti, immagini, sentimenti che hanno colto chi legge e come tali, senza alcun commento vengono proposti.

Ci piacerebbe che qualcuno dei nostri 180 lettori (tali sono coloro che compongono la mailing-list di Script) ci inviasse i suoi frammenti, come testimonianza di uno scambio semplice e ingenuo che ha come scopo esclusivo di “ingentilire” la vita.

Magmatica, con l’invio dei testi di Antonio Bandini (pseudonimo) ci immerge di nuovo in un mondo molto singolare, di una persona che, in tarda età, scopre di avere un mondo soggettivo pieno di immagini che di volta in volta prendono la forma di poesie o di materiali informi, come quelli scritti per questo numero della rivista, che testimoniano della attenzione a comunicazioni che arrivano dall’inconscio e che travalicano la vita “diurna”. Tutto allo stato di magma, che non sa ancora dove si indirizzerà.

In Recensioni, riflessioni sulla scrittura abbiamo volentieri riportato due recensioni, una di Franco Lolli, riferita ai libri:

Massimo Recalnati (a cura di) Il soggetto vuoto. Erickson Editore.

Massimo Termini (a cura di) Quando la psicoanalisi scende dal lettino. Borla Editore.

Maria Teresa Maiocchi Il taglio dei sintomi. Franco Angeli Editore

e l’altra di Roberto Ciccarelli , che legge il libro di Peter Sloterdijk Ira e tempo.Meltemi.

Entrambe le aree di riflessione sono importanti, la prima per approfondire il significato attuale della terapia psicoanalitica, dopo più di un secolo dalla sua origine, la seconda per un ragionamento ab imis sul valore sociale dell’indignazione e dell’ira nei processi sociali, come lente di ingrandimento che ragiona su violenza e vivere sociale. Ringraziamo il quotidiano “Il manifesto” per la tacita autorizzazione alla pubblicazione dei due testi, ripresi in diverse date da una pagina culturale sempre molto attenta ai “territori della psiche”.

Giovanni Lancellotti e Alberto Lorenzini

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