Ho letto con grande interesse il libro “Il concetto di guarigione. La costante e la relatività in psicoterapia” di Maria Mirella D’Ippolito e Anna Nazzarena Nardini, edizioni Alpes.

Mi sono appassionata dall’inizio alle ipotesi che propone ed ho trovato di grande onestà il metodo di lavoro con cui è stato scritto. C’è il corpo teorico ma ci sono anche le applicazioni pratiche fatte di storie e di stralci di sedute registrate.

E’ più facile teorizzare che esporre il proprio lavoro per quello che realmente è come si fa ogni volta che si sbobina una registrazione e la si mostra ad altri, ai lettori, ai colleghi.

Sappiamo che Carl Rogers è stato il primo ad utilizzare questo metodo, in tempi in cui questo era visto come una minaccia da chi praticava la psicoterapia. Oggi l’utilizzo della registrazione in ambito di studio non è più un metodo rivoluzionario ma certamente mostrare le proprie registrazioni in ambito divulgativo non è ancora così comune. Ringrazio le autrici per questo sforzo e per questa trasparenza. Nell’Approccio Centrato sulla Persona diciamo che si usa la trasparenza quando riteniamo che sia nell’interesse del Cliente, in questo caso mi sembra che possiamo fare questa trasposizione: le autrici hanno utilizzato la trasparenza ritenendola nell’interesse del lettore, o studioso, o professionista.

La trasparenza espone ma è una grande opportunità.

L’opportunità che ho colto in questo bel libro che consiglio ai colleghi rogersiani ed a chi rogersiano non è, è di aprire un dibattito su cosa, per esempio, possiamo intendere per “centrato sul Cliente”. L’impressione che ho ricavato è che le autrici, lì dove sono intervenute proponendo alcuni strumenti, spesso derivati dal Metodo Gordon, o da altre scuole, come il Genogramma, o le favole, lo abbiano sempre fatto in modo non arbitrario ma “centrandosi sulla Persona”, rispondendo, in molti casi, ad un bisogno espresso dalla Persona stessa. Il punto centrale della loro ipotesi di lavoro sembra essere: una volta data la costante, cosa chiede il Cliente, cosa si aspetta? E così ecco prospettare la possibilità, nello stesso periodo o in momenti diversi, di terapie di diverso genere e con terapeuti che utilizzano approcci diversi tra di loro. E così ecco la possibilità di proporre la terapia individuale e quella di coppia, individuale e familiare, oppure terapia individuale e corso di formazione sulla comunicazione efficace che diventa la possibilità di avere un linguaggio comune nello spazio del setting terapeutico. Anche in questo caso ho visto il desiderio di essere di aiuto, di facilitare il processo di consapevolezza e/o la ricerca di soluzioni nella vita delle Persone.

Gli stessi clienti avevano precedentemente definito i loro obiettivi e quindi la proposta terapeutica non ha fatto altro che accompagnare le loro stesse decisioni.

Per quanto riguarda la necessità di avere una rete da poter offrire di psichiatri e colleghi psicoterapeuti di diverso approccio che meglio possono rispondere al bisogno delle persone, trovo che sia indispensabile e corretto. Sappiamo bene di non essere detentori della verità e che l’interesse di chi richiede il nostro aiuto è la bussola che ci deve guidare nelle scelte e negli eventuali invii.

Ho trovato molto significativo l’utilizzo dell’Intervista sul Cambiamento Terapeutico di Robert Elliott e del Questionario-Intervista sull’Esperito in Psicoterapia di Maria Mirella D’Ippolito.

Nella stragrande maggioranza dei casi, non sappiamo più niente dei nostri Clienti una volta che hanno completato il loro percorso. A volte ci mandano pensieri nelle occasioni di festa o per farci conoscere qualche importante novità nella loro vita, ma non abbiamo occasioni di chiedere un’analisi del loro vissuto relativo alla terapia magari a distanza di tempo, anche di anni. Ecco, questo libro ci regala anche delle interviste che ci danno la visione di alcune terapie, compie lo sforzo, a mio avviso riuscito, di fare una ricerca che tiene conto della profonda specificità della psicoterapia.

Ultimo per ordine ma non per importanza, il capitolo intitolato “Le situazioni di maggiore gravità”, lì dove le autrici definiscono la Terapia Centrata sul Cliente “efficace da sola”. Un apparente paradosso se si pensa a quanti credono, erroneamente, che la Terapia Centrata sul Cliente sia un tipo di terapia che va bene per le situazioni di minore gravità. Il caso descritto è di grande interesse ed anche qui la registrazione, fedelmente, ci descrive che cosa le autrici intendono presentare come prassi del loro lavoro clinico con queste Persone in queste situazioni.

Auguro a questo libro il successo che merita per il coraggio e l’onestà che traspare da ogni pagina ed auguro a tutti noi di appassionarci al dibattito che può nascere non intorno alle idee ma intorno ai fatti, “i fatti sono amici”, che soli possono rendere conto del nostro operato professionale.

Mariangela Bucci Bosco.
drmbucci@libero.it

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