Abstract «Ricordando Alice Miller» , Roma 18 Marzo 2012
Partendo da alcune riflessioni critiche che Alice Miller ha mosso nel mondo psicoanalitico rispetto alla veridicità del racconto che porta il Bambino e alle difficoltà che l’adulto ha nel credere alla storia che il minore riferisce, rivalutando quindi la narrazione e l’espressione come veritiera e non fantasiosa, si muove la riflessione e l’intervento su uno specifico ambito di ascolto che sperimenta il minore, l’ambito forense. Alice Miller, scoprendo, ascoltando e riconoscendo il bambino presente nel paziente evidenzia la verità scomoda che il paziente/bambino porta. La Miller accende il riflettore sul tema della verità e della credibilità del Bambino, non menzoniere, non fantasioso, ma portatore di una sua storia e di un suo vissuto. Questo non risponde ad una mera attribuzione di colpa, ma alla ricostruzione di una verità storica soggettiva che è stata celata e rimossa. L’ascolto del minore è una condizione fondamentale e necessaria anche nel procedimento giudiziario, sia penale che civile, che vede il minore “testimone esplicito “ (Lanotte) vittima di reati sessuali o maltrattamenti oppure minore “testimone implicito” parte attiva di un processo di separazione conflittuale o di affidamento extrafamiliare. L’ascolto è finalizzato alla comprensione. Fondamentale diventa a tal fine per l’esperto (Perito o Consulente Tecnico) o per il Giudice che strutturerà gli incontri con il minore muovere competenze specifiche e soprattutto disporre di disponibilità nell’accogliere il contenuto che porterà il Bambino, abbandonando un eventuale pregiudizio che condizionerebbe l’ascolto veritiero dello stesso. Un buon ascolto si determina se si crea una “relazione”, se si entra in una sorta di “risonanza empatica” con il Bambino. Comunicare è compartecipare, una “comunicazione efficace”, come descritta da Thomas Gordon, si determina attraverso un ascolto attivo, non direttivo, accettante, empatico e determina la possibilità di espressione e di narrazione spontanea. In ambito giuridico l’ascolto del Minore è diventato sempre più centrale anche grazie al diritto internazionale che ha motivato fortemente nella direzione di voler riconoscere al Minore il diritto ad essere ascoltato in tutti i procedimenti giudiziari che lo riguardano. La Convenzione di New York [Convention on the Rigths of the Child, approvata dall Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 .11. 1989] riconosce al minore “di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o ammnistrativa che lo concerne” e anche La Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei Minori adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996 afferma che il minore capace “ di sufficiente discernimento” ha diritto ad “ricevere ogni informazione pertinente; ad essere consultato ed esprimere la propria opinione; ad essere informato delle eventuali conseguenze di ogni decisione”. Le nuove normative entrate in vigore nella nostra Giurisdizione riferiscono attraverso l’articolo 155 sexies comma1 c.c. introdotto dalla legge 54 del 2006 che sia disposta l’ “audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore ove capace di discernimento” Diversamente nei casi di procedimento penale il minore e deve essere ascoltato come testimone ed è bene ricordare che per l’art 196 c.p.p. “ogni persona ha la capacità di testimoniare”, quindi anche un minore, specificando come necessario la valutazione della “idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza”, le stesse Linee Guida del Consiglio d’Europa sulla Giustizia a misura del minore, adottate nel Nov 2010, nell’art 73 riferiscono che “la testimonianza e la dichiarazione di un minore non dovrebbero mai essere presunte invalide o inattendibili per il solo motivo dell’età”. La comunicazione e l ascolto del minore diviene quindi lo strumento che accompagna il bambino nel percorso giudiziale che determinerà una decisione che lo riguarda, permettendo di potersi esprimere su ciò che vive e ha vissuto. Non responsabile, ma partecipe deresponsabilizzato di un giudizio che lo riguarda, non più oggetto, ma soggetto, compartecipe, attraverso un ascolto libero e incondizionato. L’ambito della psicologia rimane bene distinto dall’ambito della giurisdizione, poiché non è competenza del Clinico rintracciare la verità e la certezza della prova, come ci ricorda la Carta di Noto “la valutazione psicologica non può avere ad oggetto l’accertamento dei fatti per cui si procede che spetta esclusivamente all’autorità giudiziaria” e che “l’esperto deve esprimere giudizi di natura psicologica avuto anche riguardo della peculiarità della fase evolutiva del minore”, altrettanto importante è distinguere l’intervento nella CTU o nella Perizia da una psicoterapia, poiché nel primo caso si deve rispondere ad un quesito posto dal giudice (si pensi ad una audizione protetta dove il clinico deve porre al minore le domande formulate dal PM in modo adeguato allo sviluppo intellettivo, cognitivo ed emotivo del minore), o diversamente valutare l’attendibilità del minore con colloqui, test e osservazione diretta e/o l’attendibilità del racconto reso, da un percorso volto in termini di trattamento ed evoluzione di aspetti psicopatologici in riferimento a dinamiche emotive, relazionali e comportamentali. Quando si ascolta un minore in ambito giudiziario ci si dovrebbe riferire al suo “miglior interesse”, per far ciò è necessario tenere il focus sul suo vissuto, sulla sua storia, saper leggere tra le righe di un disegno e tra comportamenti non verbali. I Bambini hanno qualcosa da dirci, gli adulti hanno grandi difficoltà ad ascoltarli, visto che in loro operano condizionamenti e false credenze che portano a relegare il minore in una condizione di pre-determinata inferiorità e inattendibilità, rintracciabile anche nelle pregiudizievole supposizione che i bambini mentono. Lasciare uno spazio di ascolto e di accoglienza per e nell’interesse del bambino vuol dire dargli o restituirgli uno spazio di verità.
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