Renato Foschi legge
ALLEN FRANCES. Primo, non curare chi è normale. Contro l’invenzione delle malattie.
Bollati Boringhieri. 2015.
Allen Frances è attualmente Professore Emerito presso il Dipartimento di Psichiatria e Scienze comportamentali della Duke University School of Medicine di Durham, Carolina del Nord, che ha diretto per molti anni. Frances ha guidato la task force che ha pubblicato il DSM-IV ed è stato in precedenza membro del comitato che ha steso il DSM-III, di cui ha redatto la sezione sui disordini della personalità. Autore e coautore di centinaia di articoli specialistici e di vari volumi accademici, scrive frequentemente su «Huffington Post», «Psychology Today» e «Education Update».
Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/bibliography/frances-allen-j/
Il libro di Allen Frances, Saving Normal. An Insider’s Revolt Against Out-of-Control Psychiatric Diagnaosis, DSM-5, Big Pharma and the Medicalization of Ordinary Life(Primo non curare chi è normale. Contro l’invenzione delle malattie. Bollati Boringhieri), ha riaperto la discussione sulla natura delle “malattie mentali”.
Si tratta di una vexata quaestio che sembrava superata dal paradigma dominante per cui, nel mainstream accademico quasi nessuno ormai sostiene che le malattie mentali siano un mito. Si tende ad accettare una concezione “almeno” pragmatica della psicopatologia, per cui torna utile avere una lingua comune che assicuri al paziente una diagnosi più precisa e le cure migliori. Frances, negli ultimi quarant’anni è stato probabilmente uno dei massimi rappresentanti di questo approccio descrittivo.
L’idea di poter avere un catalogo delle malattie con descrizione dei sintomi e indicazioni prognostiche è stato, da sempre, uno degli obiettivi della medicina, così come della psichiatria. Le scuole psichiatriche spesso usavano un linguaggio dissimile per indicare fenomeni identici. Alla fine della seconda guerra mondiale, l’esercito americano elaborò una classificazione con scopi pratici che, dopo la guerra, ha costituito l’ossatura della prima edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM).
Il DSM divenne uno dei libri sacri della psichiatria, tentando, nel corso delle successive edizioni, di descrivere le malattie mentali nei minimi particolari. Il DSM però è cresciuto come un soufflé. La prima edizione del 1952 era di ottantasei pagine, la quinta edizione del 2013 è di ottocentosei pagine. I disturbi sono “lievitati” fino a portare uno psichiatra ortodosso come Frances a scandalizzarsi. Egli, che era stato uno fra i redattori del DSM III e il direttore della sua quarta revisione.
I difensori del DSM rilevano, a sua discolpa, che la quinta edizione utilizza criteri quantitativi (da lieve a grave), proprio per discriminare comportamenti genuinamente patologici. Se per descrivere una sindrome si classificano, però, comportamenti assai frequenti e normali, sis può cadere nell’errore, prestando il fianco a coloro che sono esclusivamente interessati a creare nuovi consumi, in un mercato farmacologico che mostra i segni di una vera e propria bolla speculativa.
Frances dunque accusa se stesso e la psichiatria per aver incluso, nella continua elaborazione del DSM, sintomi frequentemente normali entro i confini psicopatologici. L’industria degli psicofarmaci, un colosso che fattura settecento miliardi di dollari l’anno, avrebbe fatto il resto, favorendo l’esplosione di particolari diagnosi, come ad esempio l’Adhd, ovvero il “disturbo da deficit di attenzione/iperattività” del bambino, proprio sfruttando le falle diagnostiche tendenti a medicalizzare la normalità. Di fronte ad uno psicofarmaco smart – come se fosse un telefonino – l’Adhd è prevalso sull’idea che il più delle volte una certa agitazione e disattenzione possa essere la spia di una naturale/normale reazione adattiva dei bambini. I farmaci per l’Adhd sono poi stati usati da persone comuni per migliorare le proprie prestazioni cognitive, così come altri farmaci sono serviti a migliorare le prestazioni sessuali. Nel nuovo DSM, accusa Frances, si introduce proprio un disturbo di Adhd per l’adulto, legittimando di fatto l’uso di farmaci eccitanti che ottimizzano le prestazioni cognitive.
Frances, nella parte centrale del volume, è veramente molto caustico nel descrivere una situazione di inflazione e di etichettamento psicologico, a tratti perturbante. Il lutto, ad esempio, può essere descritto come un sintomo del Disturbo Depressivo Maggiore e si possono trasformare gli interessi in dipendenze. Gli umani hanno tutti piacevoli “fissazioni” che variano nel corso della vita: la squadra del cuore, le auto, le moto, le collezioni, l’arte, l’orto, il caffè. Internet e i social network sono tra i candidati più seri ad essere catalogati fra le nuove dipendenze. Frances rimarca però che la ricerca ripetuta del piacere è un comportamento profondamente umano, che diventa patologico soltanto quando esistono determinate e stringenti condizioni.
Pur non utilizzando mai termini come biocapitalismo o biopolitica, Frances scrive uno dei libri che meglio illustrano come queste nozioni siano assai importanti. Dal suo punto di vista quello che doveva essere uno strumento al servizio del malato si è trasformato nella legittimazione della “commercializzazione aggressiva della diagnosi da parte delle aziende farmaceutiche” che insieme ai “luminari senza scrupoli, medici e pazienti creduloni, gruppi di tutela, media internet e social network”, hanno provocato l’inflazione diagnostica, medicalizzando la normalità.
Si tratta di accuse pesanti dirette, oltre che alle aziende farmaceutiche, anche alla American Psychiatric Association, ai medici di base, agli esperti e alle associazioni di tutela dei vari tipi di “sofferenti” che, se da un canto hanno avuto un effetto positivo nella difesa delle identità di persone considerate “diverse”, hanno tuttavia contribuito a far considerare queste diversità come malattie da merchandising (libri e corsi esplicativi del DSM, ecc…).
Nel corso degli ultimi decenni alcuni intellettuali avevano già sollevato con successo questioni biopolitiche in psicopatologia. In Rewriting the Soul (1995), Mad Travellers (1998) e in una miriade di articoli e lezioni, soprattutto Ian Hacking ha prodotto un’analisi assai dettagliata della situazione che oggi viene descritta come novità da Frances. L’analisi di Hacking è inoltre anche più precisa, sia sotto il profilo storico che teorico. Frances ha scritto, tuttavia, un corposo volume che nasce dalla propria pratica e appare come un manuale per reintrodurre il buon senso nelle scienze mediche e psicologiche. Il suo fine è far ritornare la ritornare la medicina al suo scopo originario, diffondendo un approccio parsimonioso (choosing wisely). Da ciò consegue che l’autore sente la necessità di una nuova psichiatria che non abbia come obiettivo principale quello di allargare il campo del patologico, ma che si sforzi di comprendere quanto la normalità sia complessa, gestendo la bolla speculativa, prima che esploda. Egli è convinto che la psichiatria contemporanea non rifletta gli scopi per cui è stata fondata e che, occupandosi di “governare” con sovrabbondanza di farmaci fenomeni inerenti la normalità, non riesca ad individuare quelle categorie di persone realmente bisognose di un aiuto.
L’augurio è che questa “medicina parsimoniosa” sia nell’interesse dei cittadini, non dissimulando invece una medicina dell’austerità che corregga i danni dell’inflazione con gli eccessi opposti.
Il Manifesto. 22 gennaio 2015
Renato Foschi è dottore di ricerca e specialista in psicologia, è docente e ricercatore di Psicologia generale presso la Sapienza Università di Roma. È autore di studi pubblicati in ambito nazionale e internazionale. È membro della Associazione Italiana di Psicologia, dell’European Society for the History of the Human Sciences e dell’American Psychological Association. Componente del Collegio Docenti del Dottorato di Ricerca in “Psicologia cognitiva, psicofisiologia e personalità”, Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza Università di Roma, insegna Psicologia generale nelle Scuole di Specializzazione in Neuropsichiatria infantile e in Valutazione Psicologica e Counselling della stessa Sapienza Università di Roma.