Data la presenza del mondo, o meglio data la percezione della presenza del mondo, le relazioni umane si organizzano attorno al significato centrale che il Mondo assume: il suo orrore, il suo spietato funzionare, la sua innegabile topologia, le sue meraviglie. Il Mondo è punto di riferimento comune, gli uomini, più o meno, stretti in un sodalizio di forze per contrapporsi al Mondo o da esso ricavare ciò di cui necessitano per continuare ad essere, per esprimere i propri desideri, materializzare i sogni più arditi. In assenza del Mondo (in assenza della percezione della presenza del Mondo), ogni uomo lotta per ricoprire quella monarchia semantica che al Mondo in passato spettò. Lo fa cercando di distruggere il mondo di significati del vicino, imponendo il proprio. Il Mondo vero e proprio è solo una variabile da considerare strumentalmente. L’importante è imporre la propria visione del mondo su quella degli altri. Interrottosi il processo che dall’egocentrismo delle origini portava un individuo a ridimensionarsi in rapporto ad un’idea più o meno condivisa di mondo, la “lotta per l’esistenza” diventa quella di affermare la propria percezione egocentrica di mondo, e di imporla agli altri. Le energie non vengono più spese per instaurare un processo di dialettica col mondo, bensì per difendersi continuamente e per attaccare, in modo sterile, idiota, ottuso, il mondo dell’altro e l’altro tout court, in modo che esso, sconfitto, possa diventare il servitore eunuco del proprio egocentrismo cosmicizzato.
Persone malate cercano di imporre la propria malattia sulla comunità che le circonda. Se il confronto con il Mondo non è in effetti abbastanza presente, questo processo può andare avanti, creando un feedback positivo, uomini sempre più incapaci di spostarsi dal proprio egocentrismo epistemologico e psico-affettivo e di entrare in dialettica col Mondo. Uomini che si odiano perché non riescono a fagocitarsi a vicenda, a imporsi gli uni sugli altri con il proprio egocentrismo e che, quando riescono, schiacciano i vinti sotto il tallone del disprezzo e dell’ingiuria, della schiavitù. Da parte degli schiavi ancora odio: un odio bruciante, ribollente, devastante, che non li rende più nemmeno coesi nel loro egocentrismo. Orribili mostri frantumati di follia incandescente, il cui unico, scellerato desiderio può essere quello di sottrarre energia e dignità ad altri uomini, nel tentativo di rimettere in sesto il proprio io egocentrico, avido, insaziabile di distruzione, volto a normalizzare tutti coloro che li circondano, a distruggere e umiliare tutto ciò che non sia “ego”.
E il Mondo, intanto? Non è più quella realtà misteriosa, pregna di rivelazioni mistiche abissali, in cui le società umane cercano di crescere e prosperare, in cui l’Umanità cerca di portarsi a compimento. Diventa invece una scatola grigia e arida, a cui bisogna accedere ogni qualvolta nuove risorse siano necessarie per alimentare gli ego dominanti, quelli che scrivono il proprio nome sui pezzi di Mondo che riescono a depredare e negano l’accesso al Mondo alle persone sane, che col Mondo potrebbero stabilire un processo dialettico invece di una sistematica, riduzionistica oggettivazione reificante, una banalizzazione operata al fine di rendere possibile la predazione univoca dell’ego sul mondo.
Dobbiamo liberarci dagli ego tirannici.
Dobbiamo riprenderci il Mondo.
In quanto a me, io sono troppo stanco e spaventato. Gli ego tirannici che mi circondano avrebbero dovuto darmi gli strumenti per accettare prima e affrontare dialetticamente poi il mondo: mi hanno invece riempito di paure, atrofizzato le mie umane capacità e, forti dell’incapacità di vivere che avevano in me ingenerato, nel nome della lotta di potere per quale i loro ego avrebbero dovuto regnare, mi agitarono il mondo a spauracchio, a cosa fuori dalla mia portata, a mostro ingestibile che mi avrebbe schiacciato mille volte di più, rispetto a come mi schiacciavano loro.
Qui non rimane a guidarti che l’odio, e l’unico modo di procedere è quello di aggredire gli altri ego che hanno cercato di toglierti lo spazio vitale – te stesso – per conquistare quella preminenza egoica che metta al sicuro da ulteriori attacchi di questi folli esclusi dal Mondo.
Ma il Mondo rimane sempre lì, con le sue verità atroci, con il suo mistero coperto di barocca sacrale alterigia, con le sue infinite possibilità, con la promessa che, a sfidarlo, si possa conquistare la Libertà.
Che ogni uomo soppesi la piccineria del suo ego rispetto alla grandiosità del mondo. Che ogni uomo rivolga al mondo, e non alla distruzione dei suoi simili per far spazio al suo povero infantile ego, il fuoco della sua esistenza.
E che le vittime di codesti despoti possano riappropriarsi di ciò che loro appartiene, e ricominciare quel percorso – interrotto malamente – delle Età dell’Oro, in cui gli uomini non dovevano combattere le proprie reciproche piccinerie, ma si dedicavano, savi, sereni, luminosi e aperti, a ridefinire in una dialettica spassionata, ch’era eros in se stessa: il mondo nei loro termini e se stessi nei termini del Mondo, in un libero sodalizio tra uomini liberi legati dal comune intento e dalla reciproca stima… una civiltà.
Venga, venga ancora questa Età dell’Oro.